Sesto capitolo delle interviste di Maurizio Mazzurco.

Il protagonista di oggi non ha bisogno di alcuna presentazione: Mario Vaiani Lisi.

Incontro il nostro Mario Vaiani Lisi al campo (e dove altrimenti), fra gli atleti, giovani e meno giovani, che allena. Basta il suo nome per evocare una bella carriera. Atleta a livello nazionale in gioventù, ha indossato la maglia azzurra fra il 1973 e il ‘75 sui 3000 siepi in due meeting internazionali e due volte ai mondiali di cross, ed è stato campione mondiale universitario di cross a squadre con l’Italia nel ’74. Primati personali 3’49”5 sui 1500, 8’14” sui 3000, 8’57”2 sui 3000 siepi, 14’07” sui 5000, 2h18’2” in maratona. Campione d’Italia a squadre di corsa su strada nel 1983 con la Coop 2001, come master ha detenuto il record italiano di categoria M45 nei 1500 (4’05”) e nel tempo si è cimentato in diverse specialità, compresi lanci e marcia. Ha insegnato educazione fisica nella scuola e infine, non meno importante, ha allenato e continua ad allenare con grande profitto di chi lo segue. In questa veste la sua disponibilità è massima e durante la giornata, per venire incontro alle esigenze dei suoi atleti, si sposta da un campo all'altro e non solo, la sera si trova anche a villa Borghese.

Nella sua Arezzo in gioventù è stato molto seguito. Quando si allenava allo stadio tutti i bambini si fermavano per incitarlo, era un mito (un simpatico esempio nell’articolo riportato in foto), e nel mondo dell’atletica leggera è ancora conosciutissimo.

Quando e come hai iniziato a praticare l’atletica? Quali motivazioni e persone ti hanno spinto a iniziare? E a continuare?

Ho iniziato nel 1964 con le gare scolastiche, cross con il ginnasio liceo Petrarca di Arezzo, alternando calcio. pallavolo e atletica leggera, sempre seguito da mio fratello Gerardo. Dal 1968 mi sono dedicato solo all'atletica. Le motivazioni sono state il piacere di fare sport e di correre, stimolato pure da qualche buon risultato a livello regionale prima e nazionale poi.

Sei stato un atleta a livello nazionale. Che cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Indossare la maglia azzurra, vedere il proprio nome in un elenco, Azzurri di sempre, in compagnia di nomi come Arese, Ambu, Mennea, sono sensazioni che restano dentro, indelebili ed impagabili.

Quali sono i risultati sportivi che ricordi con più piacere? La gara più difficile, quella dove hai sperimentato le emozioni più belle? Il successo che più ti ha gratificato?

Ricordo una gara a 16 anni, a Rassina in provincia di Arezzo, di poca importanza ma dove arrivando primo ho battuto i migliori atleti toscani; il che mi ha fatto capire che forse ero bravino a correre. Un’altra gara nel 1974, l'ora in pista al Paolo Rosi dove sono arrivato secondo dietro a Cindolo (record italiano 19.900 metri, io 19.678), con gli atleti migliori d'Italia del momento (fra cui Fava e Risi). Soprattutto Monza 1974, campionati italiani di cross, sesto in volata con Arese ma felice perché il sesto posto voleva dire il diritto di rappresentare l'Italia al Cross delle Nazioni, equivalente al campionato mondiale di cross.

Ti sono capitati episodi curiosi o divertenti?

Ad Helsinki 1973, incontro Italia Finlandia Kenia, 3.000 siepi: pronti via, ai primi 200 metri in testa Vaiani e Fava; rivolto a Franco Fava dico "Ahò! Com’è che siamo in testa noi due?” Poi è finita con il keniano Jipcho 8'19 record del mondo, Fava quinto Vaiani sesto ma che gara!

Chi ti piace ricordare fra le persone che hai conosciuto praticando lo sport?

Le persone che mi hanno seguito, in primis sempre mio fratello Gerardo, poi i miei allenatori, cambiati per motivi di trasferimento in altra città, il prof. Mario Gori ad Arezzo, il dottor Mauro Mandara a Roma. In 58 di attività ho cambiato solo tre allenatori, a differenza della tendenza attualmente diffusa, con atleti che cambiano allenatore ad ogni stagione.

Oggi alleni diversi atleti e atlete. Che cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Posso dire che quasi tutte le soddisfazioni, a parte l'attività scolastica come insegnante nella scuola media statale, le ho avute dagli atleti meno dotati ma che si sono migliorati. Spesso gli atleti bravi si montano la testa, e sono litigi con loro e con gli altri allenatori.

Se ripensi a questo periodo di vita sociale e sportiva, concluso con la fusione tra Lazio Runners Team e Olimpia 2004, come vedi oggi la situazione della nostra società?

Ritengo che più siamo meglio è, purché non si perda di vista il carattere tipico della nostra squadra: se si vince, bene, ma se si arriva secondi terzi quarti va bene lo stesso e resta sempre il piacere di far parte di un gruppo dove tutti sono importanti. Se in società viene qualcuno che vuole solo vincere, fare il fenomeno, meglio che vada da un’altra parte. Non mi sembra che ci sia questa mentalità dappertutto.

Come atleta master, quali specialità hai praticato e pratichi ancora oggi?

Finché il fisico mi ha assistito tutte le gare dai 400 alla maratona; poi, con usura ed età sempre più incalzanti, staffette, marcia e lanci per partecipare alle gare dei campionati di società cercando di contribuire alle classifiche.

Preferisci allenarti in compagnia o da solo?

Dipende dalla compagnia, anche se spesso mi alleno da solo, senza musica o rumori nelle orecchie per pensare e per guardarmi intorno.

L’allenamento che preferisci?

Correre.

Fai stretching, ginnastica, yoga o altro e con quale frequenza?

Ginnastica e stretching sempre, ho fatto anche l’insegnante di educazione fisica e devo sapere che sono necessari. Uno dei miei allenatori mi disse: hai il motore di una Ferrari e la carrozzeria di un 500; il motore spinge, ma la carrozzeria ha problemi. Ora la carrozzeria ha problemi anche per l’età e l’usura, ma nell’insieme funziona ancora abbastanza bene.

Come ti alimenti abitualmente? Quale alimentazione segui prima, durante e dopo una gara?

Quando ero un’atleta vero, facevo tutto secondo le regole. Adesso semplicemente quando ho fame mangio, se la sera mi va di farmi un panino col salame me lo faccio. Molte regole poi sono cambiate nel tempo. Fino a pochi anni fa la frutta secca era veleno, adesso è obbligatoria nella dieta. Si dice che a pasto non si deve bere, ma se mangi solo roba secca ti si fa tutto un malloppo qui.

Hai incontrato il doping nella tua carriera sportiva?

Il doping e altre schifezze varie, andassero a quel paese. Quando ero ragazzo mi hanno dato una semplice pasticca di glucosio e mi ha bruciato la lingua per due giorni. Il mio doping? Mangiare e bere.

Sicuramente anche all’epoca c’era il doping, ma io non l’ho mai incontrato. Le voci però giravano. Quando vedevi un atleta che in un certo gruppo migliorava molto in modo apparentemente inspiegabile da un anno all’altro, il pensiero veniva.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi sportivi? 

Semplicemente, se sto bene gareggio, se sto male mi riposo. Certo fare le campestri mi piacerebbe ancora.

C’è qualcuno, fra gli sportivi che hai conosciuto in gioventù, che ricordi in modo particolare?

I campioni di una volta erano tutti persone normali, Mennea, Fiasconaro, Arese, Cindolo… Non ci sono aneddoti particolari. Umberto Risi mi raccontava che alle Olimpiadi del Messico il giorno della gara andavano a divertirsi, in giro per i locali. Certo, non è che andavano… a donne! Quando ho fatto la nazionale in Finlandia, la sera prima siamo andati in un locale, tutti, Fiasconaro, Arese, Mennea …  a un certo punto vicino al nostro tavolo vediamo sollevarsi una pedana, compare una donna, non riuscivamo a capire che cosa stesse facendo, poi abbiamo capito che era uno spogliarello! Altri tempi e altri sport. A noi non ci ha filato nessuno. Figurarsi oggi, con tutti i social, in particolare nel calcio, si finirebbe su tutti i giornali. Oggi troppi interessi economici, eravamo più umani, più ruspanti. Se c’era un pallone in mezzo al campo, dicevamo: aspettateci, finiamo le ripetute e veniamo a giocare anche noi! Oggi se vedono un pallone, non gliene può fregar di meno.