Correre una gara dopo aver passato più di 3 settimane senza allenamenti, per di più passate in gran parte sugli sci, non è molto saggio; farlo dopo le festività natalizie, con tutto quello che si è ingurgitato avidamente, è vagamente velleitario; se poi questa gara è la Pavona Run in un giorno di pioggia e vento, è puro masochismo.
Ma tant'è: la voglia di gareggiare, e di farlo per la prima volta con i colori della nuova società, è più forte di tutto.
Alle 10 in punto sono schierato sulla linea di partenza, circondato da un migliaio di altri podisti, tutti più o meno con la panzetta a forma di pandoro. Ha smesso di piovere ma l'acqua ha lasciato il posto ad un vento tagliente e freddo che insulta gambe e braccia, soprattutto a quelli come me estremamente ottimisti (sono in canotta e magliettina a maniche corte).
Ho corso la Pavona Run per la prima volta lo scorso gennaio e quest'anno mi accontenterei di migliorare il mio record sul circuito. Le gambe, dopo più di 10 giorni di sci, hanno assunto una vaga forma sciancrata ed una durezza pari al carbonio (in pratica sono due Atomic da gigante...) ma non mi preoccupo più di tanto. Decido di andare come mi sento senza forzare.
Parto tranquillo nelle retrovie e non mi affanno troppo a passare i bradipi che partono in testa convinti di essere lepri, alla prima salita li senti già sbuffare come locomotive. Tratti di saliscendi, in parte a favore ed in parte a sfavore di vento, passano senza particolari disagi. Arrivo al primo ed unico rifornimento dove vedo gente che, nonostante il freddo, si getta l'acqua dietro la nuca: certo che noi podisti siamo gente ben strana.
Intorno all'ottavo chilometro un autotreno esce da uno stabilimento, taglia completamente il serpentone dei corridori e si immette nella carreggiata con grave rischio per chi gli corre vicino. Nessuno dell'organizzazione sembra accorgersene (unica pecca, a mio avviso, di una gara organizzata in modo egregio). Per il resto gli automobilisti sono molto disciplinati ed aspettano pazientemente il passaggio dei corridori
Senza patemi arriva l'undicesimo chilometro e decido di accelerare leggermente: il polpaccio destro mi redarguisce severamente, facendomi tornare su ritmi più ragionevoli. Taglio il traguardo in 53'04'': miglioro lo scorso anno (soprattutto perché lo scorso anno gli ultimi 800 metri li avevo fatti strisciando mestamente) e tanto mi basta.
Ora scusate ma vado a rifare le lamine ai quadricipiti..... Ci si vede da Miguel.
Claudio Feliziani