Il lento declino.
Ci sono cose che ricorrono nella nostra vita, cose che ci danno conforto: il Natale, i compleanni, il rioma che non vince mai nulla, la mezza di Amburgo.
Anche quest'anno mi ritrovo sulla liena di partenza in una domenica di Giugno che sembra più essere di marzo. Sono perseguitato dalle Harley Davidson: dopo un lungo fine settimana romano gli appassionati tedeschi si sono dati appuntamento nella città anseatica per il loro raduno annuale. Il rombo delle moto ha allietato le serate del venerdì e del sabato ma in questa fresca mattinata le marmitte tacciono rispettose.
Oggi tocca alle gambe.
Partiamo e mi assesto sul ritmo che mi ero prefissato. Il clima è buono ed il sole è fortunatamente nascosto dietro i nuvolotti. Ogni tanto fa capolino ed allora sono dolori: è pur sempre giugno, anche nell'austera Amburgo.
La partecipazione della folla è come sempre calda e numerosa, specialmente nei tratti che costeggiano il porto. Mantengo il ritmo costante pur non avendo particolari punti di riferimento. Ancora non sono riuscito a trovare qualcuno che mi faccia da pacer e così sarà fino alla fine.
Come al solito qualche spettatore mi incita urlando il nome della Lazio, riconoscendo nella mia canotta un chiaro segno di appartenenza ai colori biancocelesti. In prossimità del lago lo speaker nomina il mio nome, il nome della società e quello della città direttamente al microfono.
Arrivo al chilometro sedicesimo e comincio ad accusare la fatica. Ho sete e, cosa molto rara per me, mi fermo un paio di volte per bere ai rifornimenti.
I chili di troppo e la mancanza di allenamento si fanno sentire ma anche per altri corridori la situazione non è semplice. Ne passo almeno un paio che hanno l'aria di uno a cui hanno alzato la coppa in faccia.
Percorro gli ultimi tre chilometri ad un ritmo notevolmente più lento rispetto all'inizio e chiudo al 477 posto (su circa 4000 partenti) in 1h35'18".
Due anni fa avevo chiuso in 1h33' e lo scorso anno in 1h35'.
Chiari segni di un declino. Non mi lamento però, poteva andare peggio: avrebbero potuto alzarmi la coppa in faccia.
Claudio Feliziani