Al Paolo Rosi, luogo di appuntamento per tanti podisti romani, incontro Massimiliano Bertoli. Quando e come hai iniziato a correre?
Ho cominciato nel 2001, a 36 anni. Il mio fornitore di ricambi era un frequentatore del Paolo Rosi. Un giorno, all’ora di pranzo, ero andato a prendere dei ricambi, l’ho visto con la borsa e gli ho chiesto “Vai in palestra?” “No, veramente vado a correre. E tu che fai all’ora di pranzo?” “Niente, mi riposo in officina, mangio qualcosa.” “Perché non vieni con noi a fare una corsa?” Da lì è cominciato tutto.
Non ha cominciato giovanissimo. Eppure, ricordo che andavi forte.
È stata una sorpresa anche per me. Alla prima prova, senza allenamento, non avendo mai corso, ho fatto 5 km sul pistino a 6’ al km. Poi una corsa tira l’altra e piano piano mi sono appassionato.
Come hai incontrato l’Olimpia 2004?
Al campo, all’ora di pranzo, che per molti era l’ora dell’intervallo dal lavoro e dell’allenamento, mi allenavo insieme ad atleti di società diverse; fra loro Giampiero Leonardi e Giancarlo Rossetti. Quando ho saputo che avrebbero fondato l’Olimpia 2004, appena si è costituita la società ho subito chiesto di farne parte. Non sono fra i fondatori ma l’ho vissuta dalla nascita. Nell’Olimpia ho trovato dinamiche societarie diverse a quelle a cui ero abituato, assenza di obblighi, più divertimento, libertà, amicizia, pur con una sana componente agonistica.
Come ti trovi ora alla Lazio Olimpia Runners Team?
Senz’altro bene, ho ritrovato gli stessi valori dell’Olimpia 2004. Conoscevo da molto tempo presidEnzo. È stato un po’ come restare a casa. Con molti nuovi compagni si è creato un bel legame, mi ci trovo molto bene.
Preferisci allenarti in compagnia o da sola/solo?
Preferisco in compagnia, molto più motivante e divertente, anche come aiuto psicologico. Quando si è da soli e si fatica, si tende un po’ a rallentare, mentre con lo stimolo di qualcuno che ti aiuta, ti sta davanti, ti incita, è sempre più bello.
Quando corri a che cosa pensi? Ti concentri sul gesto atletico, su un pensiero, sull’ambiente?
Quando ho cominciato a correre ero impegnato a ottenere il massimo, ero più concentrato sui tempi, sulla fatica, sull’impegno. Dopo l’incidente, anche il mio modo di pensare e di vivere la corsa è completamente cambiato, adesso mi concentro sempre sul passo, correre bene significa risparmiare energie, faticare di meno. Poi mi godo lo spazio che mi circonda, i tempi sono cambiati, adesso sto in fondo alle classifiche, mentre all’epoca ero uno fra i primi. Per esempio, alle campestri di Corri per il verde, nell’ultimo giro in cui sono praticamente da solo, mi godo il silenzio, il respiro, lo scorrere dei passi, e mi piace veramente tanto, mi dà tanta soddisfazione.
Dove ti alleni? Quante volte a settimana?
Vado sempre al campo, al Rosi o alla Farnesina, ora solo due volte a settimana.
L’allenamento che preferisci e perché.
Riesco meglio, mi sento più portato, negli allenamenti veloci sulla breve distanza.
Fai stretching, ginnastica, e con quale frequenza?
Assolutamente, curo sempre molto sia stretching sia ginnastica. Lo dovrebbero fare tutti, indipendentemente dall’età e dal tipo di allenamento.
Hai un allenatore?
Sì, Maurizio Sperati, fin dai tempi dell’Olimpia.
Come ti alimenti abitualmente?
Quando sono stato giocoforza ricoverato a seguito dell’incidente, a parte il periodo trascorso in ospedale, avevo cominciato a mangiare in maniera sregolata. La nutrizionista, nel centro di riabilitazione, non mi ha dato una dieta vera e propria, ma l’equivalente di un pasto solo al giorno, con proteine e carboidrati in maniera alternata.
Lo hai già accennato, hai dovuto gestire un grave incidente. Ti va di raccontare la tua esperienza?
Era il 19 agosto 2013, quindi sono passati quasi 10 anni. La riabilitazione è durata anni, solo poco prima del Covid ho terminato i cicli di fisioterapia. Ora ho degli esercizi che faccio quotidianamente insieme allo stretching. Indipendentemente dall’impegno che ci ho messo, devo ringraziare le tante persone valide che ho incontrato; in particolare, lo dico un po’ scherzando ma molto con un fondo di verità, Anna Patelli al Don Orione è stata quella che mi ha rimesso in piedi. Non riuscivo neanche a camminare, figuriamoci a correre. Sono passati sei mesi in cui ero praticamente immobilizzato a causa di questo trauma e per riprendere una deambulazione quasi normale c’è voluto molto tempo. Tuttavia, ci tenevo a ricominciare per quanto possibile e ho continuato a frequentare l’ambiente della corsa, del campo e delle gare, anche se non gareggiavo. Mi piaceva proprio l’ambiente, c’erano tanti che mi stavano vicino ed erano contenti del fatto che non avessi mollato la presa.
Perciò continui ad avere obiettivi sportivi?
Sono rimasto anche un po’ sorpreso di quanto fossi innamorato della corsa. All’inizio ho ottenuto risultati molto gratificanti. Ho avuto anche la soddisfazione di vincere l’oro di categoria nella staffetta 4x400 ai campionati nazionali Master del 2010 a Roma allo stadio Olimpico. Pensavo che tutto l’amore che provavo per la corsa derivasse dai buoni risultati sportivi. Invece adesso lo posso dire sinceramente: penso proprio che non diventerò più campione regionale o italiano, e gli obiettivi sportivi sono cambiati, ma correre mi piace sempre tanto. La cosa che ho imparato è che, si va a 3’ o a 6’ al km, è sempre fatica, ma anche soddisfazione, L’ho pensato quando ero ricoverato e mi hanno detto che ero paralizzato. Ero immobilizzato in un letto di ospedale e uno fra i pensieri che ho fatto è stato: un giorno mi piacerebbe correre di nuovo una 10 km a 6’ al km, e quando ci penso mi emoziono ancora. Ora ci sono riuscito sui 5 km, sui 10 km ci sto vicino, perciò sono a metà strada. Continuo ad avere obiettivi, anche se diversi da prima.
Inutile chiederti a questo punto come ha contribuito lo sport al tuo benessere, cosa hai scoperto del tuo carattere nel praticare attività fisica, cosa ti ha insegnato la corsa?
La corsa, rispetto a quello che mi è successo, mi ha insegnato a non mollare mai. È qualcosa che fa un po’ parte dello spirito dei corridori. Non significa che devi morire per arrivare per forza, però ci si riprova con un nuovo spirito finché non si riesce a raggiungere un possibile obiettivo. Se lo applichi anche nelle difficoltà della vita quotidiana, per esempio nel lavoro, nell’amore, questo spirito ti dà una grande forza.
Quali sono episodi della tua vita sportiva che ricordi con più piacere?
Quando non facevo il velocista e nei miei sogni non c’erano ancora i 400m, a una Best Woman a Fiumicino, un po’ per scherzare ci giocammo una pizza che avrebbe pagato chi arrivava ultimo, e i miei competitor erano tutti più forti di me. Quel giorno mi sono impegnato per riuscire a non pagare questa famosa pizza, che alla fine è toccata a Giancarlo Rossetti, il presidente. Ci scherzo un po’ sopra, ma quella volta ho fatto una fatica immane per non farmi riprendere, era un punto di soddisfazione.
Poi, quando ho cambiato completamente specialità e cercavo di farmi allenare per correre i 400m, ho trovato casualmente un altro allenatore; ha notato che ero molto veloce sul km anche senza un allenamento specifico, mi ha esortato a provare le distanze brevi, prima di perdere col passare degli anni quella velocità e quella elasticità, e poi e mi ha allenato per 400 e 800m. Che sono poi le specialità che mi piacciono più di tutte, perché si corrono solo in pista, e io amo la pista, dove, a differenza della strada, riesco a controllare i passi, le spinte, il ritmo.
Ricordo anche una gara di squadra a tappe nella valle del Tevere, e la maratona di Roma a staffetta dentro Villa Borghese. Ogni volta che si gareggia a squadre o in staffetta, in unione di squadra, trovo sempre grande soddisfazione. Molto bello correre insieme.
Chi ti piace ricordare fra le persone che hai conosciuto praticando lo sport?
Ce ne sono tante. Uno dei legami più forti è stato con Mario Battista, l’orologiaio, la prima persona che mi ha seguito quando ho cominciato a correre; verso di lui ho avuto sempre un grande affetto. Poi Giancarlo Rossetti, con lui mi sono trovato sempre molto bene; Giampiero Leonardi, Anna Patelli, Maurizio Sperati che mi segue da tanto tempo, e mi lascia anche libero, mi dà i lavori ma non è estremamente rigido, lascia molto spazio alle sensazioni dell’atleta. Persone che mi sono state vicino, oltre che nella corsa, anche moralmente.
Hai incontrato il doping nella tua carriera sportiva? C’è un messaggio che vorresti dare per sconsigliarne l’uso?
Ne ho sentito parlare da alcune persone, ma è un mondo assolutamente lontano da quello che penso. Bisogna ottenere quello che si può secondo i propri mezzi. E poi il doping fa male.
Quale può essere un tuo messaggio rivolto a un amico per avvicinarsi a questo sport?
Questo sport si può praticare senza troppi problemi, bastano un paio di scarpe adatte e tanta voglia di correre, secondo le proprie possibilità, E poi dà una sensazione di benessere e aiuta veramente tanto a mantenere il fisico col passare degli anni. È importante perché ci aiuterà nella vecchiaia. Basta praticarlo con moderazione. Il consiglio è mantenere una misura e non esagerare con gli allenamenti, una cosa giusta. Pensare a conservarsi bene, a non logorare il fisico, il segreto dello sport è proprio quello di arrivare integri alla vecchiaia.
Riesci ad immaginare una vita senza lo sport?
No, assolutamente. Si fa sempre quello che è possibile, c’è anche uno spirito, un atteggiamento mentale. Ho visto tante persone che alla fine dell’attività lavorativa, andati in pensione, si sono lasciati andare, non avevano altre motivazioni, altri interessi. Invece avere qualcosa come la corsa che ti fa star bene e avere una certa socialità, stare insieme in mezzo alla gente, aiuta anche a livello morale.
Gli sportivi che preferisci e perché.
Ci sono tanti sportivi che mi piacciono, seguo lo sport a 360 gradi, anche i campioni della Formula 1 e della Moto GP. In F1 per esempio, che seguo molto, mi piace molto come stile e come persona Lewis Hamilton, lo prendo proprio come esempio. In Moto GP naturalmente c’è Valentino Rossi che è stato un grande, e credo che questi siano dei buoni messaggeri per le grandi masse. Sono grandi perché sono dei campioni e perché indirizzano verso un modo di vivere sano. Nonostante ci siano tanti soldi che girano in quegli ambienti, sono comunque degli atleti, per portare quei mezzi a quelle velocità e a quei livelli devi avere un certo rigore, dei riflessi prontissimi, che devi mantenere col passare degli anni. Devono essere fisicamente allenati, anche molto più di noi amatori. Sono dei professionisti, è il loro lavoro. Invece quello che preferisco nell’ambito della corsa è Stefano Baldini, che ha vinto per l’Italia la maratona olimpica, fatto che coincide con la nascita dell’Olimpia 2004.